SOLIDARIETA’ AGLI ULTRAS DEL TARANTO

E’ difficile trovare le parole, gli aggettivi giusti, per descrivere quello accaduto ieri a Verona. Certamente, una cosa si può affermare senza timore di essere smentiti: c’è qualcosa di profondamente pericoloso nel “nuovo” sistema del calcio italiano: e non solo in quello. Un qualcosa che, appunto, va al di là di una semplice partita di pallone, che tocca i fili della democrazia di un paese civile. E l’Italia, oggi, tutto è tranne che un paese democratico e civile.
Inoltre, un’altra cosa si può affermare, questa sì positiva e che tutti dovrebbero capire una volta e per tutte: i tifosi del Taranto sono un patrimonio prezioso, non solo per la nostra città. Ma per tutti quelli che, ancora oggi, sono capaci di amare una città e la maglia che la rappresenta, di un amore vero e profondo. Una passione che non è sul mercato, che non ha prezzo, che non può essere comprata da nessuno, che vive da decenni e che sempre vivrà. E che proprio per questo è temuta. Un modo di vivere il calcio vecchio stampo, in maniera spartana e anarchica, che la stragrande maggioranza della altre città si sognano di poter vantare.
Perché farsi oltre 1600 km tra andata e ritorno, per venire nel profondo e ricco Nord-Est, inscenare una protesta civilissima a difesa di compagni di curva fermati e denunciati, decidere di tornare a casa dopo aver passato quasi due ora nell’anti-stadio, mettendo al primo posto la propria dignità piuttosto che piegarsi alla volontà repressiva di coloro che dovrebbero tutelare l’ordine, è solo ammirevole. Punto. Il resto sono chiacchiere da morale di bassa lega.
Il resto è storia nota oramai: ci sono tifoserie che possono fare tutto e il contrario di tutto, mentre altre devono spiegare anche perché respirano. In tanti si sono già divertiti nel descrivere cruenti scontri tra tifosi, da cui poi sarebbero derivate le denunce e i fermi avvenuti ieri pomeriggio a Verona: niente di più falso. Ciò che è successo è che, chi doveva tutelare l’incolumità di 200 persone in trasferta, ha pensato bene di permettere ai civilissimi destroidi tifosi di casa, di prendere a bersaglio qualche mezzo della carovana di tifosi rossoblù. I quali, per difendersi, hanno commesso il “tremendo” errore di scendere dalle proprie vetture. Il fitto lancio di oggetti descritto non è mai esistito. Né le fantomatiche cariche di polizia e carabinieri.
Da qui è partita una gestione dell’ordine folle, fatta di minacce, avvertimenti, intimidazioni: 200 persone chiuse in un parcheggio di un Palazzetto dello Sport, con uno schieramento di forze dell’ordine, per lo più composto da energumeni alquanto nervosi, e con la gran voglia di menare le mani, per fare capire chi comanda e come ci si deve comportare quando si arriva nel Nord-Est, targato Lega Nord e Maroni.
Alla fine c’è solo tanta delusione e tanta rabbia: soprattutto perché si è consapevoli, che per l’ennesima volta, nessuno muoverà un dito per difendere i diritti dei tifosi rossoblù, calpestati decine di volte negli ultimi anni. Perché nessuno avrà il coraggio di dire che questo sistema di fare calcio, reprimendo solo alcune tifoserie per concedere agi e sollazzi di ogni genere ad altre, prima o poi porterà allo sfascio totale del giocattolo. Che ora più che mai viene gestito politicamente, dall’alto, da chi sa molto bene che, se da un lato bisogno spingere l’Italia verso il tanto lodato modello inglese, tutto ordine e repressione, dall’altro si sa che ci sono tifoserie che muovono voti politici, che sono dentro un sistema di connivenze alquanto mellifluo e certamente non democratico.
Ovviamente, inutile dirvi che i tifosi veronesi non sono stati minimamente toccati. Così come inutile sottolineare l’ennesima prova ignobile fornita dai giocatori del Taranto. Con la classifica che ora lancia presagi alquanto funesti sul futuro sportivo e societario della squadra. Ma tutto questo è giusto che oggi passi in secondo piano: quello visto ieri a Verona è un sistema che porterà alla fine del calcio in questo paese. Perché senza diritti, senza rispetto per le persone, se le regole non sono uguali per tutti, non c’è sistema che tenga. E che abbia futuro.
 
Tratto da facebook
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