ASCE E PICCONI

Dieci asce, nove manici di piccone, cinque seghe a spada, 20 coltelli tipo sushi con lama da 30 centimetri, 10 mazzette da carpentiere in ferro, cinque mazzette da carpentiere in gomma, 3 cesoie da giardiniere con lama da 30 centimetri, 6 coltelli da bistecca, un coltello da arrosto, una pistola elettrica, 90 petardi di vario tipo, 1 coltello a farfalla, 23 torce illuminanti, un tirapugni in acciaio e una molotov da razzo petardo.
Non è, come potrebbe apparire a prima vista, l’inventario di un’armeria ma “semplicemente” l’elenco dettagliato delle armi che la Digos romana ha trovato in una macchina parcheggiata poco fuori dalla curva nord, la zona della tifoseria calda della Lazio, nel giorno del derby. Armi che stavano là non per prendere una boccata d’aria ma per essere utilizzate sia contro i “vermi giallorossi”, come era scritto in uno degli scatoloni in cui erano custoditi gli esplosivi, sia contro le forze dell’ordine. Se servisse un’ulteriore prova delle intenzioni di chi le armi le ha portate sul posto basta guardare a che altro c’era in quella Kia color canna da zucchero: vestiti puliti. Ovvero i cambi, visto che il sangue ha questa fastidiosa tendenza a macchiare e rendere riconoscibili.


E a guardare l’arsenale disposto con simmetria sui banchi dove si è svolta la conferenza stampa della Digos,  se alla fine della giornata della partita  il bilancio è stato “solo” di un ferito grave e di tanta paura per una mamma che passava in macchina con i suoi due bambini da quelle parti e a cui qualcuno ha pensato di appiccare il fuoco, c’è quasi da tirare un sospiro di sollievo.
Anche perchè gli scontri erano stati voluti e pianificati a tavolino nei minimi dettagli. Racconta in conferenza stampa il dirigente della Digos Lamberto Giannini che due giorni prima del derby una macchina carica di ultras laziali era partita alla volta di Napoli per ritornare nella capitale carica di armi e “bomboni”. Eppure tra ultras biancocelesti e napoletani non corre di certo buon sangue: meno di 20 giorni fa, a Lazio – Napoli i tifosi partenopei erano stati tenuti fuori proprio per ragioni di ordine pubblico e per gli stessi spettatori di casa i biglietti erano stati venduti con la limitazione di due per ogni abbonato.
Nel mondo ultras, insomma, le alleanze si fanno e si disfanno con la massima facilità. Perchè c’è una sorta di logica perversa del “molti nemici molto onore” ad animare le frange più violente delle tifoserie. L’arsenale ritrovato domenica era stato portato sul posto da alcuni esponenti di  un gruppo della Curva Nord che si chiama “In basso a destra”. Il nome indica sia la posizione nello stadio, sia l’appartenenza politica. In questo momento, per una sorta di contrappasso maligno, indica pure le coordinate per trovare la Lazio in classifica ma, in fondo, in queste storie il calcio è solo uno sfondo.
Ora “In basso a destra” punta al centro della curva, quella occupata dallo storico gruppo degli irriducibili. Non bastavano né i romanisti né “le guardie”: ci voleva pure il “nemico interno”.  In basso a destra, infatti, accusa gli Irriducibili di imborghesimento e di “eccessiva moderazione” e, dopo un periodo di relativa calma seguito alla tragica morte di Gabriele Sandri, ora sembra pronta a sferrare l’offensiva per prendersi la curva. Come? Con dieci asce, nove manici di piccone…

Fonte http://www.ultrasblog.biz/

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